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Le piogge estreme non sempre aumentano con la quota

In uno studio pubblicato su HESS (https://doi.org/10.5194/hess-26-1659-2022), Paola Mazzoglio, Ilaria Butera, Massimiliano Alvioli e Pierluigi Claps hanno analizzato ed approfondito il ruolo della morfologia sulla variabilità spaziale dei nubifragi italiani. Tale lavoro è stato possibile grazie ad I2-RED (https://doi.org/10.3390/w12123308), il dataset che il gruppo di lavoro ha recentemente realizzato per unire ed integrare gli estremi di precipitazione di breve durata registrati dal 1916 ad oggi.

Nello studio si è mostrato che la pioggia varia con la quota, ma non sempre nello stesso modo. L’andamento intuitivo di aumento della pioggia con la quota, noto come “effetto orografico”, è confermato per eventi lunghi (estremi di 24 ore) mentre le piogge molto brevi mostrano un effetto opposto in molte aree del territorio nazionale. La distinzione tra zone caratterizzate da due meccanismi diversi è delicata, ed ha richiesto l’impiego di criteri a base geomorfologica. Mentre si indaga ancora sui meccanismi alla base di questi distinti comportamenti è importante poter contare su mappe dettagliate relative ai gradienti positivi e negativi di pioggia, per prevedere l’entità dei nubifragi in zone prive di strumenti di misura, cosa necessaria per la revisione delle opere idrauliche di contrasto alle piene urbane.

L’entità della variazione dell’altezza media degli estremi di 1 e 24 ore con la quota è stata rappresentata in maniera quantitativa nelle figure (a) per la durata di 1 ora e (c) per la durata di 24 ore. In tali mappe sono state indicate in scala di rosso le aree in cui si osserva una riduzione dell’altezza di pioggia con la quota, mentre in scala di blu sono mostrate le aree in cui si ha un incremento. Le figure (b) e (c) rappresentano invece la distribuzione spaziale dell’altezza media di pioggia per entrambe le durate.

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