Gruppo Nazionale Per la Difesa dalle
Catastrofi Idrogeologiche

RAPPORTO NAZIONALE

 

1. Premessa

Il progetto VAPI sulla Valutazione delle Piene in Italia, portato avanti dalla Linea 1 del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, ha come obiettivo predisporre una procedura uniforme sull'intero territorio nazionale per la valutazione delle portate di piena naturali.

            Scopo di tale Rapporto è quello di fornire uno strumento ed una guida ai ricercatori ed ai tecnici operanti sul territorio, per comprendere i fenomeni coinvolti nella produzione delle portate di piena naturali e per effettuare previsioni sui valori futuri delle piene in una sezione di un bacino naturale con il minimo possibile di incertezza. A tal fine, occorre tener presente che le principali fonti di incertezze derivano essenzialmente da due fattori

i)                    ci sono eventi estrememente intensi, con caratteristiche di rarità in ogni sito e di aleatorietà per quel che riguarda il sito stesso ove esse potranno verificarsi nel futuro, sicché il fatto che in un punto eventi straordinari di tale tipo non si siano verificati storicamente, non è garanzia di sicurezza che non se ne verificheranno nel futuro; in realtà occorre stimare qual è il rischio idrologico che si verifichi una piena estrema in ogni punto del territorio ;

ii)                   i dati idrometrici diretti a disposizione sono pochi e sparsi, con bassa densità sul territorio; essi mostrano una grande variabilità dei valori delle piene indice (solitamente il valor medio) osservati da sito a sito. Sicché, in un punto qualsiasi del territorio, la stima dei valori delle piene future si presenta incerta non solo per la valutazione del rischio di un evento estremo, ma anche per la valutazione del valore indice.

            La metodologia adottata nel progetto VAPI fa riferimento ad un approccio di tipo probabilistico per la valutazione dei massimi annuali delle portate di piena, sicché non esiste un valore massimo assoluto, ma ad ogni valore della portata di piena viene associato una probabilità che si verifichino eventi di piena con valori superiori. Per ridurre le incertezze legate alla presenza di eventi estremi molto rari in ogni singolo punto ed alla variabilità da sito a sito del valore indice della piena, si adotta una metodologia di analisi regionale che si avvale anche di modelli concettuali di formazione dei deflussi di piena a partire dalle precipitazioni intense sul bacino. Tale approccio consente di utilizzare non solo tutta l'informazione idrometrica ma anche tutta quella pluviometrica, posseduta su un dato territorio.

            In particolare, viene adottato un modello probabilistico a doppia componente (TCEV) che interpreta gli eventi massimi annuali  come il risultato di una miscela di due popolazioni distinte: la prima produce gli eventi massimi ordinari, più frequenti ma meno intensi; la seconda produce gli eventi massimi straordinari, meno frequenti ma spesso catastrofici.

            Si è fatto riferimento ad una procedura di regionalizzazione gerarchica, in cui i diversi parametri del modello probabilistico vengono valutati a scale regionali differenti, in funzione dell'ordine statistico del parametro stesso. In particolare, per i parametri di ordine più elevato (forma e scala), si analizzano ampie regioni che si suppongono omogenee nei suoi confronti. Le analisi svolte nel presente Rapporto mostrano che, qualunque sia la durata delle precipitazioni, da 5 min a 5 giorni, quasi ovunque tali parametri sono unici e non si può rigettare l'ipotesi che le corrispondenti regioni siano omogenee a tale livello, per cui i parametri di forma e di scala assumano valore unico non solo con le durate ma anche da sito a sito nella regione. Le stesse conclusioni valgono sia per i massimi annuali delle portate al colmo, sia per i massimi annuali delle portate medie per durate comprese fra 0.5 ore e 5 giorni. Tali conclusioni portano a dire che il rapporto fra il valore con generico rischio di una variabile ed il valore indice (o media), detto coefficiente probabilistico di crescita, assume una legge di variazione con il rischio unica per l'intera regione.

            L'ampia variabilità da sito a sito del valore indice necessariamente richiede la considerazione dell'ipotesi che tale variabilità sia il risultato di fattori causali, differenti nei siti. Per quanto riguarda le precipitazioni, usualmente si cerca di identificare delle aree pluviometriche omogenee, in ognuna delle quali valga un'unica legge multiregressiva (legge di probabilità pluviometrica) di variazione del massimo annuale dell'intensità di pioggia con la durata e con altri parametri del bacino (ad es. la quota, la distanza dal mare, ….).

Per la stima della piena media annua sono stati presi in considerazione i principali fattori climatici, geomorfologici, idrogeologici e di uso del suolo del bacino. Sono state effettuate analisi di correlazione di tipo empirico e sono stati presi in considerazione modelli concettuali di trasformazione afflusso-deflusso. Tra quelli più usati si citano quello basato sulla classica formulazione razionale e quello di tipo geomorfoclimatico che identifica la risposta del bacino attraverso due parametri concettuali, il coefficiente di afflusso di piena, che separa le precipitazioni totali negli afflussi efficaci alla piena, ed il tempo di ritardo del bacino.

In alcuni casi è stata anche proposta una stima regionale dei due parametri: generalmente essi dipendono da tre complessi omogenei: le aree permeabili con copertura boschiva, praticamente non contribuenti alla piena, le aree permeabili senza copertura boschiva, con basso contributo unitario e con deflusso lento, e le aree impermeabili, con più elevato contributo unitario e deflusso più rapido.

            E’ importante che sull'affidabilità di tali stime vengano effettuati diversi controlli: ad esempio, su base puramente statistica si possono valutare gli errori standard per ogni metodologia e per ogni parametro. In questo modo è stato mostrato che un modello di regressione semplice della piena media annua con l'area del bacino ridotta delle componenti permeabili con bosco ha elevate prestazioni statistiche, anche se alcuni suoi parametri presentano un errore standard piuttosto elevato. I valori dei parametri dei modelli concettuali sembrano, invece, più affidabili.

            In questa sede vengono presentati, in maniera sintetica, i risultati ottenuti in diverse aree del territorio nazionale, per ognuna delle quali viene mostrato come utilizzare l'intera procedura sviluppata. Il risultato complessivo sembra indicare che l'uso del presente Rapporto permette di ottenere stime delle portate di piena di assegnata frequenza sufficientemente attendibili per scopi di progettazione e pianificazione del territorio.

            Alcuni punti rimangono ancora aperti nella ricerca scientifica, suscettibili di miglioramento, soprattutto per quel che riguarda la comprensione dei meccanismi che regolano i diversi fenomeni che portano dalla massa d'aria umida all'evento di piena. In particolare, si vogliono indicare tre campi di ricerca che sembrano di una certa importanza per quanto riguarda un ulteriore apporto alla valutazione delle piene:

i)                    la presenza di eventi idrologici estremi straordinari influenza in maniera determinante le stime dei parametri della distribuzione di probabilità delle piene, in particolare la coda superiore di tale distribuzione, alla quale si fa riferimento nella progettazione di opere di particolare importanza. Tali eventi si presentano con una struttura di correlazione spaziale e campionaria differente da quella dei eventi idrologici estremi ordinari. Il tener conto o meno della presenza di una tale struttura può essere a volte determinante ai fini della regionalizzazione delle piene.

ii)                   la procedura di regionalizzazione consiste essenzialmente nella identificazione e delimitazione delle diverse regioni omogenee, ai diversi livelli di regionalizzazione. Tale procedura, che pure si è visto avere un fondamento climatico, produce un risultato fisicamente inconsistente nelle zone di confine fra una regione e l'altra. In alternativa si potrebbe far riferimento a procedure geostatistiche per la stima del parametro di scala delle precipitazioni, in cui si tiene esplicitamente conto anche della struttura di correlazione spaziale teorica fra i siti di misura. Le procedure di questo tipo fin'ora sviluppate non tengono conto anche della presenza di errori di campionatura correlati fra loro, cosa che succede nel caso dei massimi annuali delle precipitazioni o delle piene in corrispondenza di eventi estremi: è necessario, perciò, sviluppare nuove tecniche analitiche o ricorrere  a procedimenti di simulazione numerica con analisi di cross validation dei risultati;

iii)                 per quanto riguarda il fattore di riduzione areale, va ricordato che non vi sono analisi empiriche per durate inferiori al giorno nell'area in esame o in altre aree dell'Italia Meridionale, climaticamente simili; inoltre, tutte le analisi empiriche sin'ora condotte sono state svolte nell'ipotesi di campo isotropo, mentre la direzione dei venti umidi e l'esposizione dei versanti potrebbero esercitare un'influenza non trascurabile;

iv)                 il modello concettuale per la valutazione della piena media annua fa riferimento ad uno schema a parametri globali, cioè medi per l'intero bacino, stimati tenendo conto dei tipi idrogeomorfologici presenti, che vengono caratterizzati con i loro valori del coefficiente di afflusso di piena e della celerità dell'onda di piena. L'informazione idrometrica a disposizione è molto modesta: alcuni dei parametri sono stati stimati con sufficiente attendibilità, ma altri risentono fortemente delle incertezze legate alla scarsa base dati. Ad es., deve essere migliorata la comprensione del modello della variabilità spaziale del modello di infiltrazione e della sua applicazione a tipi idrogeomorfologici differenti: è questo un caso in cui lo schema a parametri globali può essere inadeguato e si richiede la valutazione dei parametri della risposta idrologica per bacini parziali, cioè il ricorso ad un approccio semidistribuito. Lo sviluppo tecnologico mette già oggi a disposizione, e nel futuro ciò avverrà in maniera ancora più semplice e diffusa, strumenti per la gestione informatizzata di elementi tematici cartografici ai quali si possono abbinare modelli idraulici ed idrologici sempre più affinati, di tipo distribuito, che consentano di utilizzare al meglio la sempre maggiore mole di informazioni che si rendono disponibili sul territorio, soprattutto in vista della valutazione degli effetti che l'antropizzazione produce sui valori delle massime piene annue.

            In conclusione, sembra doveroso ricordare, soprattutto ai fini di chi si propone di utilizzare praticamente i risultati del presente Rapporto, che l'analisi qui presentata è stata effettuata ad una scala regionale e, per ciò stessa, essa tende a trascurare la presenza di eventuali anomalie locali, che vengono trattate come disturbi spaziali locali. Viceversa, in analisi e studi locali, a scala di bacino, l'analisi di tali anomalie può rivestire carattere essenziale ai fini della corretta valutazione della distribuzione di probabilità dei massimi annuali delle portate di piena: in tutti questi casi, il presente Rapporto si offre come utile strumento integrativo, ma non sostitutivo, di indagini idrologiche ad hoc.

 


2. La metodologia probabilistica adottata

L'analisi idrologica dei valori estremi delle precipitazioni e delle piene in Campania è stata effettuata nel Rapporto Campania attraverso una metodologia di analisi regionale di tipo gerarchico, basata sull'uso della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia componente (o, con un acronimo inglese, TCEV, Two-Component Extreme Value) [per i dettagli sulla TCEV si veda Rossi et al., 1984; sull'approccio gerarchico Fiorentino et al., 1987; sull'applicazione in Italia Versace et al., 1990]. Tale procedura si basa sulla considerazione che esistono zone geografiche via via più ampie che possono considerarsi omogenee nei confronti dei parametri statistici della distribuzione, man mano che il loro ordine aumenta.

            Indicando con X il massimo annuale di una delle grandezze idrologiche di interesse, come le  portate di piena al colmo Q o le altezze di pioggia di durata d, h(d), e con XT il valore massimo di X corrispondente ad un prefissato periodo di ritorno T in anni, si può porre:

 

XT = KT m(X)                                                                                                          (2.1)

ove:

     KT = fattore probabilistico di crescita, costante su ampie aree omogenee;

     m(X) = media della distribuzione dei massimi annuali della variabile X.

 

Per una pratica utilizzazione della relazione (1) occorre:

-         identificare una sottozona omogenea (SZO;

-         specificare la legge di variazione con il periodo di ritorno del coefficiente di crescita;

-         stimare il valor medio della distribuzione.

In particolare, per la specificazione della legge di variazione di KT con il periodo di ritorno T, si farà riferimento alla espressione della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia componente (TCEV), che nel passato si è dimostrata particolarmente adatta all’interpretazione statistica dell’occorrenza e della magnitudine degli eventi estremi eccezionali.

L’identificazione delle SZO viene effettuata, in genere, facendo riferimento all’informazione idrologica più diffusamente disponibile sul territorio italiano, in termini di densità spaziale di stazioni di misura e di numerosità campionaria delle serie storiche, le altezze di precipitazione giornaliere, rilevate alle stazioni pluviometriche.

Per la stima del valor medio

¾    dal punto di vista pluviometrico, si ricostruiscono le curve di probabilità pluviometriche, che esprimono la variabilità della media del massimo annuale dell’altezza di precipitazione in diversa durata d, m[h(d)], con la durata stessa;

¾    dal punto di vista idrometrico, si stimano le relazioni tra la piena media annua, m(Q) e le caratteristiche idrogeomorfologiche e climatiche del bacino.

 

Nel seguito vengono riportati i principali risultati delle analisi svolte dalle diverse UU.OO. della Linea 1 del GNDCI, sulle diverse porzioni di territorio nazionale. Lo scopo di tale esposizione è quello di mettere a disposizione dell’utente una guida rapida ma esaustiva del modello VAPI.

In Fig. 1 è riportato uno schema tipo dei singoli Rapporti Regionali, che vengono, quindi, sviluppati all’interno di ciascun capitolo, ad eccezione del rapporto sull’Italia Nord-Occidentale, che segue uno schema differente.


0. Rapporto regionale Tipo

0.1 Premessa

0.2 Base dati utilizzata

0.2.1  Pluviometria

0.2.2  Idrometria

0.3 Leggi di variazione dei coefficienti di crescita con il periodo di ritorno

0.3.1  Pluviometria

0.3.1.1 Piogge giornaliere

0.3.1.2 Piogge brevi

 

0.3.2 Idrometria

0.3.2.1 Portate istantanee al colmo di piena

0.3.2.2 Volumi di piena

0.4 Stima del valor medio

0.4.1  Leggi di probabilità pluviometriche

0.4.1.1 Piogge puntuali

0.4.1.2 Piogge areali

 

0.4.2 Piena media annua

0.4.2.1 Portata al colmo di piena istantanea

Regressione empirica

Modelli concettuali

i)                    formula razionale

ii)                   modello geomorfoclimatico

0.4.2.2 Volumi di piena

 

Riferimenti bibliografici

Tavole fuori testo

 

 

 

Fig.2.1: schema tipo del singolo rapporto regionale di sintesi


Riconoscimenti

 

Alla realizzazione dei singoli Rapporti Regionali, di cui il presente documento rappresenta una sintesi operativa, hanno partecipato:

 

Rapporto Triveneto:

prof. Baldassarre Bacchi – U.O. 1. 33, Università di Brescia

dott. Vigilio Villi, U.O. 1.1, CNR-IRPI, Padova

 

Rapporto Bacini dell’Italia Nord-Occidentale:

dott. Daniel Adom – WARREDOC, Perugia

prof. Baldassare Bacchi – U.O. 1. 33, Università di Brescia

ing. Gianfranco Becciu – U.O. 1.8, Politecnico di Milano

prof. Armando Brath – U.O. 1.43, Università di Bologna

prof. Paolo Burlando – Politecnico di Losanna

prof. Elpidio Caroni – Università di Trieste

ing. Carlo De Michele – U.O. 1.8, Politecnico di Milano

prof. Paolo La Barbera – U.O. 3.xx, Università di Genova

prof. Marco Mancini, U.O. 1.8, Politecnico di Milano

prof. Renzo Rosso – U.O. 1.8, Politecnico di Milano

 

Rapporto Bacini nei Compartimenti di Bologna e Pisa

prof. Armando Brath – U.O. 1.43, Università di Bologna

prof. Marco Franchini – U.O. 1. 44, Università di Ferrara

ing. Giorgio Galeati – U.O. 1.31, ENEL-CRIS, Mestre

prof. Ignazio Becchi – U.O. 3.12, Università di Firenze

ing. Enrica Caporali – U.O. 3.12, Università di Firenze

prof. Fabio Castelli – U.O. 3.12, Università di Firenze

 

Rapporto Bacini nei Compartimenti di Roma e Pescara

prof. Guido Calenda – U.O. 1. 34, Università di Roma III

ing. F. Campolo – U.O. 1. 34, Università di Roma III

ing. C. Cosentino – U.O. 1. 34, Università di Roma III

prof. Roberto Guercio – U.O. 1. 34, Università di Roma III

ing. Francesco Napolitano – U.O. 1. 34, Università di Roma III

 

Rapporto Bacini nel Compartimento di Napoli

prof. Fabio Rossi – U.O. 1. 8, Università di Salerno

prof. Paolo Villani – U.O. 1.46, Università di Parma

 

Rapporto Bacini nella Puglia Settentrionale

prof. Pierluigi Claps – U.O. 1. 21, Università della Basilicata

prof. Vitantonio Copertino – U.O. 1. 21, Università della Basilicata

prof. Mauro Fiorentino – U.O. 1. 21, Università della Basilicata

 

Rapporto Bacini nella Basilicata

prof. Pierluigi Claps – U.O. 1. 21, Università della Basilicata

prof. Mauro Fiorentino – U.O. 1. 21, Università della Basilicata

 

Rapporto Bacini nella Calabria

ing. Ennio Ferrari – U.O. 1.15, Università della Calabria

ing. Salvatore Gabriele – U.O. 1.4, CNR-IRPI, Rende (Cosenza)

prof. Fabio Rossi – U.O. 1. 8, Università di Salerno

prof. Pasquale Versace – U.O. 1.15, Università della Calabria

 

Rapporto Sicilia

prof. Guglielmo Benfratello – U.O. 1.32, Università di Palermo

ing. Marcella Cannarozzo – U.O. 1.32, Università di Palermo

prof. Francesco D’Asaro – U.O. 1.32, Università di Palermo

prof. Vito Ferro – U.O. 1.32, Università di Palermo

prof. Goffredo La Loggia – U.O. 1.32, Università di Palermo

prof. Ignazio Melisenda Giambertoni – U.O. 1.10, Università di Palermo

prof. Mario Santoro – U.O. 3.11, Università di Palermo

 

Rapporto Sardegna

prof. Carlo Cao  – U.O. 1.7, Università di Cagliari

ing. Roberto Deidda  – CRS4 – Cagliari

prof. Eugenio Lazzari  – U.O. 1.7, Università di Cagliari

prof. Enrico Piga  – U.O. 1.7, Università di Cagliari

ing. Marco Salis  – U.O. 1.7, Università di Cagliari

ing. Giovanni M. Sechi – U.O. 1.7, Università di Cagliari

 

 
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