MIOTTO FILIPPO

 

Negli studi per la valutazione del rischio idrologico sul territorio si è tenuto conto, finora, solo marginalmente della presenza degli invasi artificiali nei bacini idrografici. In effetti, non appena si passa dal caso del singolo invaso a quello di un sistema di invasi, risulta estremamente complesso comporre un quadro congruente dal punto di vista probabilistico per la determinazione delle portate e dei volumi di piena in diverse sezioni della rete idrografica. Anche con riferimento all'effetto determinato dalla presenza di un singolo invaso, peraltro, l'impianto metodologico per la valutazione del rischio a valle non può dirsi chiaramente definito.

Da un lato sembra abbastanza chiaro come la curva di frequenza dei picchi di piena possa essere ricalcolata a valle dell'invaso attraverso la valutazione ‘idraulica’ dell'effetto di laminazione, con opportune ipotesi (o dati concreti) di legame tra il picco della piena ed il suo volume. Dall'altro, va considerato che il livello iniziale dell'invaso è esso stesso una variabile casuale, e che in tutti i casi di scarichi governati da paratoie non esiste un legame univoco tra livello e portata. Queste due ultime considerazioni lasciano ampi margini soggettivi al calcolo probabilistico dell’effetto di laminazione, anche con riferimento ad una sola diga. Per quanto detto, dovendo procedere alla valutazione dell'effetto di una o più dighe sul rischio idrologico a valle, si potrebbe pensare a due distinti approcci al problema. Uno è di tipo passivo, nel quale si tende a rilevare in maniera semplificata, e facilmente estensibile a grandi sistemi di dighe, l'impatto ‘oggettivo’ di queste opere, indipendentemente dalla loro effettiva gestione. Questo sembra l'unico modo di includere gli invasi in programmi a vasta scala di valutazione del rischio di piena. L’altro è di tipo attivo, che si basa sul fatto che la legislazione vigente consente ai gestori di operare ‘attivamente’ per il controllo delle piene a valle, anche attraverso svasi preventivi (Direttiva P.C.M. 27 febbraio 2004). Tale opportunità apre il campo alla formulazione di metodi di ottimizzazione, associati alla previsione meteorologica, che consentano di orientare le decisioni operative assistendo gestori ed operatori di protezione civile nella fase di intervento sugli organi mobili.

Con il presente lavoro si vogliono quindi definire i termini del problema in un contesto generale, non limitando la ricerca a soluzioni valide esclusivamente per un bacino di riferimento. Le fasi descritte nei capitoli successivi in primo luogo vogliono stabilire qual’è il ruolo di un invaso nella pianificazione del rischio di piena e nella gestione del rischio alluvionale. Un singolo invaso sul territorio deve essere visto come una parte di un sistema più complesso, quindi la capacità laminativa del singolo deve essere confrontata con quella degli altri serbatoi, determinando inoltre quanto a valle si estende la zona che beneficia dell’effetto di laminazione. Ciò diventa particolarmente importante nei bacini in cui sono presenti più invasi, soprattutto quando gli effetti di un serbatoio si sovrappongono a quelli degli altri presenti.

Con riferimento all’approccio ‘passivo’, si è proposto un indice di tipo sintetico, che permette di calcolare un valore di riferimento per il coefficiente di laminazione. A differenza di indici sintetici proposti in letteratura, di natura pressoché empirica, si è ricavato, sotto opportune ipotesi semplificative, un indice fisicamente basato, definito SFA (Synthetic Flood Attenuation), che fornisce non un valore qualitativo dell’indice ma un valore quantitativo. Il SFA, inoltre, è consistente dal punto di vista del rispetto della posizione d’ordine dei coefficienti di laminazione h (ranghi). Si è notato che, definito un gruppo di invasi, se si impongono le stesse condizioni al contorno in termini di sollecitazione esterna e condizioni di funzionamento dei serbatoi, questi si dispongono in una classifica di merito nei confronti della laminazione che rimane pressoché inalterata se si modificano per tutti le condizioni iniziali.

Riguardo all’approccio ‘attivo’, si è scesi più nel dettaglio di quelle che sono le manovre preventive ed interattive che possono essere predisposte, scegliendo di condurre un’analisi generale del problema, e proponendo schemi di studio validi su ampia scala. Anche in questo caso, infatti, tutti gli studi condotti in precedenza erano sempre limitati alla codifica di manovre sul singolo invaso. In pratica si analizzava un caso studio per fornire un sistema di gestione mirato. Nel presente lavoro, invece, si sono voluti ricavare metodi generali, proponendo alcuni schemi di ragionamento appositamente predisposti.

Per quanto riguarda le manovre preventive, si propongono dei diagrammi che permettono di individuare, al variare del periodo di ritorno T l’influenza del livello idrico nei confronti della possibilità di invasare una quota parte delle onde di piena in ingresso. Pur essendo dei diagrammi molto semplici ed intuitivi, se associati alla stagionalità della gestione (livello idrico nei vari periodi dell’anno) ed alla stagionalità sia dei deflussi sia dei fenomeni pluviometrici intensi, sono utili nel definire le potenzialità laminative di un serbatoio.

Per le manovre interattive, invece, dopo uno studio condotto su una serie di possibili manovre, si è giunti a definire una legge di efflusso generalizzata, che descrive il comportamento complessivo di tutti gli scarichi presenti nel serbatoio. Utilizzando una legge di efflusso unica, la ricerca delle manovre ottimali da eseguire per una data onda di piena richiede la taratura solo dei parametri presenti in questa legge. Solo in una fase successiva si passa alla configurazione dei singoli scarichi. La procedura classica, invece, richiede di operare simultaneamente su più scarichi, aumentando il numero di variabili del sistema.

I risultati ottenuti hanno così permesso di individuare metodi di studio e di proporre metodi di calcolo utili a meglio gestire la laminazione delle piene, in particolare per quegli invasi che sono già presenti sul territorio e che, in base all’evolversi della normativa, devono o dovranno in un immediato futuro, essere gestiti attivamente nelle fasi di mitigazione delle piene.