MIOTTO FILIPPO
Il bacino idrografico del
fiume Toce, situato nelle Alpi Centro-Occidentali, nella parte settentrionale
della Regione Piemonte, si sviluppa su di una superficie di circa 1780 km2
con una lunghezza dell’asta fluviale di poco superiore a 80 km, valutata dalle
sorgenti in prossimità del passo San Giacomo (Alpi Lepontine) fino a Fondo
Toce, dove sfocia nel Lago Maggiore, attraversando, nel suo percorso verso il
Lago, le valli Formazza, Antigorio e la Val d’Ossola, bagnando, oltretutto,
anche l’importante centro abitato di Domodossola.
Topograficamente, il bacino
in esame, è caratterizzato da una conformazione tipicamente alpina,
caratterizzata da valli strette e ripide di origine prevalentemente glaciale,
una altitudine media elevata (1641m) con la cima più alta di 4635 m s.l.m.
(Monte Rosa) e con la presenza diffusa di ghiacciai perenni a quote medio-alte.
La particolare conformazione
delle valli, strette e caratterizzate da versanti molto ripidi, in concomitanza
al vantaggio dato dal clima di tipo alpino, ha permesso, principalmente negli
anni del primo dopoguerra, la realizzazione di importanti invasi destinati ad
uso idroelettrico che, per permettere l’alimentazione delle centrali
elettriche, ha determinato una
particolare disposizione degli stessi sul territorio. Tale disposizione, che
prevede alcune valli con una concentrazione elevata del numero dei serbatoi,
legata alla notevole quantità di volumi idrici coinvolti, ha determinato la
richiesta di una maggiore attenzione nei confronti dei serbatoi stessi,
soprattutto in relazione all’elevata antropizzazione di alcune valli del corso
del Toce.
Per poter capire in che modo
gli invasi presenti si comportino in caso di eventi di piena, con particolare
riguardo agli eventi intensi, si rende necessario procedere alla valutazione
della sicurezza idrologico-idraulica dei serbatoi idroelettrici presenti nel
bacino del Toce, sicurezza che viene valutata studiando il complesso fenomeno
della laminazione delle piene che, sinteticamente, consiste nel ridurre i colmi
di piena, distribuendo i volumi idrici transitanti in scale temporali maggiori
rispetto al fenomeno di piena naturale.
Lo studio del fenomeno della
laminazione, nel caso particolare esaminato, è limitato all’analisi
dell’effetto fornito dai vari invasi e serbatoi presenti sul territorio, con
particolare riguardo agli invasi destinati ad uso idroelettrico, sia come
riserve che come diretti alimentatori delle centrali, che, dati i notevoli
volumi idrici coinvolti, risultano essere gli unici che possano determinare un
qualche apporto al fenomeno della laminazione.
Nella presente, infatti,
sono trascurati tutti quegli sbarramenti, meglio identificati come traverse
fluviali, che, date le loro modeste dimensioni, permettono un accumulo ridotto
di volumi idrici, tale per cui l’abbattimento dell’onda di piena in uscita
rispetto a quella in entrata porta vantaggi solo in prossimità dell’opera di
sbarramento e per eventi poco intensi.
C’è da notare, però, che i
serbatoi presenti sono destinati all’uso idroelettrico, per cui, in base alla
normativa vigente, non sono tenuti a destinare capacità di invaso allo scopo
della laminazione delle piene. Osservando i dati sui volumi caratteristici,
infatti, si riscontra che la parte destinata alla laminazione vera e propria,
determinata da caratteristiche costruttive dello sbarramento stesso, risulta
notevolmente inferiore rispetto ai volumi totali accumulabili.
Ad esclusione del caso della
diga di Quarazza, si rileva che la maggior parte degli sbarramenti destina alla
laminazione volumi inferiori al 5% della effettiva capacità.
La presenza di ogni singolo
sbarramento, però, non può essere completamente trascurata, in quanto, in base
alla sua posizione sul territorio ed in base al livello idrico al momento
dell’arrivo dell’onda di piena, si può avere un cospicuo effetto di
laminazione, alterando, in questo modo, il regime naturale delle portate,
fattore di cui se ne deve tener conto anche nell’analisi delle misurazioni di
portata disponibili per le zone a valle del serbatoio.
Si ricorda, inoltre, che,
come fatto osservare in vari studi sulle caratteristiche strutturali delle
opere di sbarramento, l’incremento di livello determinato dall’arrivo di
un’onda di piena (e perciò repentino), può determinare un micro-sisma sulle rocce
limitrofe al manufatto vero e proprio. Detto ciò, quindi, risulta più
conveniente effettuare la laminazione in serbatoi destinati ad usi
irriguo-idroelettrici in cui la particolare destinazione, che prevede, salvo
casi particolari, il mantenimento di un certo livello idrico, permette
all’eventuale onda di piena di trovarsi sulla strada un cuscinetto d’acqua che
ne mitiga la spinta sul corpo diga.
Nei serbatoi destinati ad
uso idroelettrico, inoltre, si ha la sicurezza di avere organi di scarico
sottoposti a controlli continui, tali da garantire la possibilità di effettuare
in tutta sicurezza delle manovre di regolazione sulle portate uscenti, in base
a specifiche richieste.
L’analisi condotta, inoltre,
rientra in un progetto, identificato come INTERREG IIIA, in cui sono stati
coinvolti vari enti ed istituti sia italiani che svizzeri, il cui compito è
quello, come già indicato, di effettuare uno studio sull’effettivo impiego dei
serbatoi presenti nel bacino indicato al fine di mitigare i pericoli derivanti da
onde di piena eccezionali. Gli istituti coinvolti risultano essere:
Regione Piemonte, Direzione
Servizi Tecnici di Prevenzione;
Istituto Scienze della
Terra, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (IST-SUPSI);
Politecnico di Torino, Dipartimento
di Idraulica, Trasporti ed Infrastrutture Civili(I) (DITIC);
Servizio Nazionale Dighe,
Uffici Idraulica Roma (I) (SND-UIDR) Compartimento di Torino (SND-TO);
Service de Forces
Hydrauliques, Amministrazione Vallese (SFH);
Politecnico Federale di
Zurigo, Institutes of Hydromechanics and Water Resources Management (IHW-ETHZ);
Politecnico
Federale di Losanna, Laboratoire de Constructions Hydrauliques (EPFL);
Météosuisse,
Office Fédéral de Météorologie (Locarno, Genève).
Di tali istituti, si ricorda
che i primi due risultano essere le strutture referenti per il progetto. Per
ulteriori chiarimenti sulle finalità del progetto si rimanda al progetto
INTERREG IIIA al punto “Azione 3: Studio del ruolo dei bacini artificiali nella
formazione delle piene” riportato in appendice.
Al fine di analizzare il
fenomeno della laminazione, è stato necessario effettuare anche una raccolta di
tutte le informazioni riguardanti i sistemi idrici (vedi invasi e serbatoi)
presenti nel bacino del Toce. Tale raccolta di dati ha permesso, così, di
completare la fase 3.1 del progetto INTERREG IIIA, ossia il “catasto delle
opere e delle utilizzazioni”. Nel capitolo dedicato alla raccolta dati è
fornita una scheda esemplificativa dei dati raccolti, con la spiegazione
dettagliata del significato dei valori riportati.
Il catasto delle opere e
delle utilizzazioni è stato reso necessario in quanto è strettamente legato al
problema della laminazione nei serbatoi (curve di possibilità di laminazione
delle piene): solo la conoscenza di dettaglio dei volumi coinvolti, della
gestione degli scarichi (sia come geometria che come portate) e degli effettivi
trasferimenti di portate da un bacino ad uno limitrofo, ha permesso
l’identificazione dell’effettivo abbattimento delle onde di piena esplicato dai
singoli serbatoi.
Una volta raccolte tutte le
informazioni necessarie si è passato ad analizzare il fenomeno della
laminazione vero e proprio ed i problemi ad esso correlati che, nella presente,
sono stati identificati nel metodo di dimensionamento applicabile agli invasi
(intendendo sia il progetto che la verifica) e nella modalità con cui risulti
meglio valutare gli idrogrammi in entrata in una sezione generica e i volumi
transitanti.
Per stabilire l’effettivo
vantaggio dato dalla laminazione, è stato anche studiato come l’organizzazione
dei serbatoi e la loro posizione sul territorio influenzano tale fenomeno,
aprendo il campo a possibili ulteriori approfondimenti sulla gestione dei
serbatoi presenti al fine della mitigazione dei fenomeni di piena.
Dato l’elevato numero di
invasi e serbatoi presenti sul territorio del bacino del Toce, si è potuto,
così, avere una casistica “completa”, almeno per quanto riguarda bacini che,
come quello in esame, hanno carattere prevalentemente alpino.