ALLAMANO PAOLA
Nell’ambito della tesi di
laurea “Modellistica idrometeorologica dei deflussi da scioglimento nivale”
sono state individuate e classificate diverse tipologie di modelli di stima
delle portate in bacini alpini nel tentativo di valutarne l’applicabilità allo
studio di eventi di piena storici ed alla caratterizzazione di un evento in
base ai processi che lo hanno generato.
In un bacino di tipo montano
il processo di formazione delle portate coinvolge un numero di fenomeni molto
elevato e può essere indagato a scale di dettaglio molto diverse. Nell’ambito
di questo studio particolare attenzione è rivolta all’indagine dei meccanismi
che intervengono nel processo di scioglimento della copertura nevosa ed alle
modalità con cui essi vengono formalizzati nei moduli di scioglimento di
ciascun modello.
L’esame di un campione di
modelli, scelti fra quelli aderenti a progetti di confronto documentati in
letteratura (WMO, 1986) o ancora in atto (come lo SnowMIP, iniziato nel 2001),
ha consentito di distinguere tra modelli empirici che utilizzano la teoria dei gradi-giorno
e modelli fisicamente basati che ricorrono alla soluzione delle equazioni
di bilancio energetico del manto.
Contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, la difficoltà di giungere ad una rappresentazione esauriente
degli eventi non dipende dalle difficoltà di implementazione dei processi di
base in un modello sufficientemente articolato da un punto di vista
fisico-matematico, ma dall’impossibilità di ricostruire adeguatamente
attraverso le misure, a scala di bacino, la forte variabilità dei processi
coinvolti.
In bacini di tipo montano
tale elevata variabilità spaziale è da attribuirsi in primo luogo alla
morfologia fortemente articolata del territorio, da cui derivano condizioni
differenti di esposizione, pendenza, ombreggiamento e copertura del suolo.
Inoltre, trattandosi di aree caratterizzate da forti dislivelli interni, le
precipitazioni e le temperature presentano una marcata dipendenza dalla quota,
il che –specie per le precipitazioni- costituisce un forte elemento di
incertezza.
Importanti informazioni
relative alla rappresentatività dell’informazione pluviometrica a quote
elevate, laddove il monitoraggio delle condizioni meteorologiche e climatiche
risulta molto difficoltoso, possono essere desunte dal confronto fra la serie
delle precipitazioni misurate (riferita all’intero bacino) e la corrispondente
serie di input netti ottenuti per stima inversa attraverso un modello
stocastico univariato dei deflussi giornalieri (Murrone et al., 1977, Claps et
al., 2003). L’obiettivo è quello di confrontare, in corrispondenza di
significativi eventi di piena, i presunti volumi effettivi di afflusso ottenuti
dal citato modello, con quelli relativi all’afflusso totale derivante dalle
altezze di precipitazione misurate.
Ne consegue che la scelta di
un approccio di carattere fisico oppure empirico sia inevitabilmente
subordinata non solo al tipo di variabili misurate, ma anche al dettaglio
spaziale e temporale con cui le misure sono effettuate.
La scelta, come caso
campione allo stato attuale,del bacino del torrente Chisone, situato nelle Alpi
del Piemonte sud-occidentale, per il quale si dispone esclusivamente di misure
di precipitazioni, temperature e portate a scala giornaliera ma con uno scarso
dettaglio spaziale, ha fatto sì che venissero esclusi a priori tutti quei
modelli che operano, attraverso l’equazione di bilancio energetico, una
ricostruzione dettagliata dei processi.
Fra tutti i modelli
esaminati la scelta è ricaduta sull’HBV nella sua versione più aggiornata
(1996), sviluppato dall’Istituto Svedese per la Meteorologia e l’Idrologia
(SMHI) nell’ambito dell’IHMS (Integrated Hydrological Modelling System) per la
simulazione delle portate in condizioni normali.
Il modello utilizza un approccio
di tipo empirico semi-distribuito e fonda l’equazione di scioglimento del manto
nevoso sulla quantizzazione della temperatura in gradi-giorno, con una
formulazione funzione di un fattore di scioglimento e di una soglia di
temperatura, superata la quale innesca lo scioglimento. Agli innegabili
vantaggi derivanti dalla semplicità della struttura contrappone la necessità di
calibrare un numero elevato di parametri. Per contro richiede in input solo
dati di precipitazione, temperatura dell’aria e portata e fornisce in output
oltre all’evoluzione delle portate alla sezione di chiusura, anche la quantità
d’acqua complessivamente immagazzinata nella copertura nevosa alla data
corrente della simulazione, l’umidità del suolo e l’evaporazione effettiva alla
scala giornaliera.
Nell’ambito di questo studio
gran parte del procedimento di calibrazione è stato tralasciato allo scopo di
valutare l’effettiva applicabilità “a scatola chiusa” del modello a partire da
una conoscenza minima dei processi e focalizzando l’attenzione solo sui
parametri afferenti alla routine di scioglimento,
A partire dalle informazioni
fornite in uscita sull’evoluzione dell’equivalente in acqua del manto nevoso,
nonostante non si tratti di un modello sviluppato per operare in presenza di
eventi straordinari, sono state formulate ipotesi sull’importanza di tali
processi nella formazione delle piene.
Infine, laddove si sono
riscontrate forti sottostime del picco di piena da parte del modello, si è
cercato di indagarne le cause confrontando la serie delle precipitazioni
misurate (riferite all’intero bacino) con quella delle precipitazioni nette
ottenute per stima inversa dalle portate.
Ad oggi un nuovo caso di
studio per il quale siano disponibili misure nivometriche (in termini di
equivalente idrico del manto nevoso espresso in mm di acqua) e osservazioni
meteorologiche, come misure della velocità del vento, di umidità relativa ed
eventualmente di radiazione netta, per la stima dei termini dell’equazione di
bilancio energetico, non è ancora stato definito.
L’individuazione di un
bacino avente tali caratteristiche, o eventualmente l’installazione di nuove
stazioni meteorologiche e nivometriche sul Chisone e la riattivazione di una
stazione idrometrica in quota, costituiscono un requisito fondamentale per la
continuazione di questo studio.
Lo scopo del nostro lavoro
risiede infatti nella scelta di modelli aventi un’elevata capacità descrittiva,
nella valutazione della sensitività dei modelli al degrado progressivo dei dati
e delle effettive possibilità di sostituire certi tipi di dato con informazioni
ancillari (quali topografia, copertura nevosa, ecc.) ed infine nel confronto
delle prestazioni che ne derivano con i risultati forniti da modelli meno
esigenti in termini di dati in ingresso.
In altre parole ciò che ci
proponiamo è uno studio comparato delle capacità dei vari modelli di
ricostruire a scala di bacino l’insieme dei processi che intervengono nella
formazione dei deflussi nel caso in cui:
- ad una variabile misurata
venga sostituita una stima indiretta della stessa
- si decida di mantenere
costante il valore di una variabile
- si scelga di impiegare un
modello meno esigente in luogo di uno più sofisticato ma applicato ad una base
dati insufficiente
ponendo particolare
attenzione a:
- la corretta definizione
dell’area interessata dalla copertura nevosa
- gli effetti della
topografia sui processi di accumulo e scioglimento del manto
- l’individuazione dell’area
contribuente all’evento di piena (funzione della relazione esistente fra quota
e temperatura e della curva ipsografica del bacino).